Legge sui servizi digitali – Parte 2 : “due diligence” (cepAnalisi del COM(2020) 825 )

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Sempre  più spesso si utilizzano le piattaforme online per diffondere contenuti illegali tra cui anche propaganda terroristica e inviti all’odio. I provider, come Facebook, hanno un ruolo chiave nella lotta contro i contenuti vietati. Con la nuova proposta di legge sui servizi digitali (DSA), la Commissione vuole rafforzare il mercato interno e creare un ambiente online sicuro e trasparente.

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La rete di think tank  “Centres for European Policy Network (CEP)” ha ora esaminato la proposta di Regolamento UE in uno studio articolato in  tre parti distinte e vi ha trovato ancora diverse violazioni di diritto e ambiguità. “Se è vero che il DSA crea una parità di condizioni tra i fornitori di servizi dell'UE e quelli non UE. Tuttavia, le nuove regole non sono ancora sufficientemente equilibrate e quindi devono ancora essere migliorate", dice Anja Hoffmann, giurista del CEP e autrice dello studio con gli economisti del CEP, Mattias Kullas (Friburgo), Victor Warhem (Parigi) e il giurista, Andrea De Petris (Roma).

Secondo gli autori, la relazione del DSA con il diritto nazionale e la portata del suo effetto di sbarramento rimangono poco chiari. Rimane anche discutibile quali piattaforme siano da considerare "molto grandi" e dovrebbero quindi essere soggette a regole più severe. La Commissione propone una soglia di 45 milioni di utenti "attivi", ma non vuole definire cosa esattamente significa "attivo" fino a dopo l’approvazione del provvedimento. Tale impostazione non è in linea con il diritto UE, una questione così essenziale dovrebbe essere regolata anche dal Parlamento e dal Consiglio dell'UE.

L'obbligo nei rispetti dei provider di bloccare le persone che "frequentemente" e "palesemente" pubblicano contenuti illegali è anche esso ancora troppo vago, secondo il CEP, si rischia quindi violare la libertà di espressione e di informazione.

L’impostazione di lasciare l'applicazione della legge prevalentemente allo Stato membro in cui il fornitore dei servizi si è stabilito probabilmente renderà più semplice agire anche oltre i singoli confini nazionali. Tuttavia, il CEP osserva che il testo attuale di proposta normativa non tiene sufficientemente conto di potenziali problemi di applicazione. "Gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a prendere comunque misure per proteggere importanti interessi legali, in caso di mancata azione da parte dello Stato di stabilimento", chiedono i ricercatori del CEP. Allo stesso tempo, le procedure di applicazione dovrebbero essere più rigorose.

Inoltre, la Commissione non dovrebbe essere autorizzata ad intervenire solamente nel caso di violazioni da parte delle “piattaforme molto grandi”. "Senza una garanzia sufficiente anche contro altri deficit di applicazione delle norme, le competenze degli Stati membri risulterebbero limitate in modo sproporzionato. Questo potrebbe confliggere anche con i loro obblighi giuridici verso i propri cittadini”, sottolineano gli autori delle tre cepAnalisi.