Normativa europea sui chip (cepAnalisi)

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L'Unione Europea vuole espandere in modo consistente la fabbricazione di chip per computer all'avanguardia nell'UE. L'obiettivo è di ridurre la dipendenza da paesi quali gli Stati Uniti, Taiwan e la Corea del Sud attraverso la ricerca e la produzione in proprio. Il think tank “Centres for European Policy Network (CEP)” dubita però che la proposta di regolamento predisposta dalla Commissione UE, avrà questo effetto e teme, piuttosto, una miliardaria corsa ai sussidi.

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Il CEP, già lo scorso marzo, aveva messo in guardia contro tale forzatura della politica industriale europea. "Garantire la fornitura di chip è compito soprattutto delle aziende. L'intervento dell'UE è giustificato solo qualora vi fosse un fallimento del mercato. Tuttavia, questo non appare attualmente così evidente", afferma l'economista del CEP, Matthias Kullas, che ha analizzato la legge sui chip insieme al giurista del CEP, Lukas Harta. Il piano per ridurre la dipendenza da altre aree economiche risulterà molto costoso per l'UE. Inoltre, alcune misure della proposta mettono a rischio il libero scambio dei chip.

Secondo il CEP,inoltre, fino ad ora non ritiene definito come verranno raccolti i fondi necessari per mantenere gli impianti pilota pubblici previsti dal Chips Act, costantemente aggiornati con le ultime tecnologie. I sussidi previsti per le nuove fabbriche di semiconduttori negli Stati membri UE rischiano poi di trasformarsi in una gara di sussidi tra di loro e con i paesi terzi e. infine. di creare anche una sovraccapacità produttiva. "Se le aziende non sono in grado di produrre in modo redditizio, non dovrebbero ricevere in nessun caso un sostegno ai loro costi operativi" sottolinea Harta.

I ricercatori del CEP ritengono, inoltre, che altre priorità previste nel testo dell'UE siano errate. "L'attenzione per i chip con dimensioni del nodo inferiori a dieci nanometri è fuorviante, poiché nell'Unione Europea non ci sono praticamente clienti per chip con queste dimensioni del nodo", avverte Kullas, “inoltre, i criteri di previsione di perturbazioni nelle catene di approvvigionamento dei chip, risultano ancora eccessivamente vaghi.” Kullas sottolinea, poi, che: "L'attuale collo di bottiglia è più temporaneo che strutturale".

La legge sui chip ha quindi una giustificazione molto esile e potrebbe emergere presto una soluzione più rapida, semplicemente lasciando libero il mercato di autoregolarsi.