Emissioni industriali (cepAnalisi della COM(2022) 156)

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Nell'Unione Europea risulta necessario ridurre le emissioni di sostanze inquinanti nell'aria, nell'acqua e nel suolo provenienti da impianti industriali e zootecnici. A tal fine, la Commissione ha proposto degli emendamenti alla attuale direttiva sulle emissioni industriali (COM(2022)156 di revisione della direttiva) 2010/75/UE). Il think tank Centres for European Policy Network (CEP)ritiene però, nella sua analisi, che diverse parti delle proposte risulteranno controproducenti ed alcune procedure applicative persino contrarie al diritto primario dell'UE.

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"L'obbligo di rispettare solamente limiti di emissione, sempre più severi, porta a ridurre le emissioni senza adeguata considerazione dell'efficienza complessiva dei costi", avverte Svenja Schwind. L'esperta economica di clima del CEP che ha analizzato la proposta di direttiva e gli atti delegati previsti insieme al giurista del CEP, Götz Reichert. "L'estensione del campo di applicazione della direttiva ne rischia di ritardare i processi di autorizzazione e quindi la trasformazione industriale verso una maggiore protezione dell'ambiente, della salute e del clima. Inoltre, l'autorizzazione che verrebbe concessa alla Commissione di estendere ulteriormente la portata attraverso il ricorso ad atti delegati è contraria al diritto primario dell'UE", sottolinea Reichert. Secondo l'articolo 290 del TFUE, decisioni così sostanziali spettano esclusivamente ai legislatori, ossia Parlamento europeo e Consiglio, ma non alla Commissione.

Secondo gli esperti CEP, il conseguimento di limiti di emissione particolarmente severi possono spesso essere raggiunti solo utilizzando ben determinate tecnologie. Ciò priverebbe, le autorità nazionali, della possibilità di fare proprie valutazioni in considerazione della diversità degli impianti sussistenti e sulla base di tecnologie alternative presenti nell'UE, nel momento in cui si tratterà di prendere decisioni sulle autorizzazioni da concedere. Le capacità decisionali degli Stati membri verrebbero, quindi, di fatto ridotte a zero. Vi sarà così il rischio di costi e oneri amministrativi sproporzionatamente elevati.

Anche questo non risulterebbe però in linea con la giurisprudenza dell'UE. Invece di stabilire obblighi normativi vincolanti per i singoli impianti, sono piuttosto gli incentivi basati sul mercato quelli che potrebbero snellire il processo di rilascio delle autorizzazioni, ad esempio fissando un prezzo per il consumo delle diverse risorse utilizzate.

I ricercatori del CEP sono poi anche preoccupati per la doppia regolamentazione che si verrebbe a creare. "Le emissioni di CO2 di alcuni impianti industriali, infatti, sono già regolamentati dal sistema dello scambio delle quote di emissione dell'UE (UE-ETS)".