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L'eliminazione dei motori a combustione si allontana dall'orizzonte UE?

Alla luce della richiesta del Ministro federale tedesco dei Trasporti Volker Wissing di proposte concrete da parte della Commissione europea sul futuro degli E-Fuels in aggiunta alle decisioni negative dei governi italiano e polacco e dell’astensione della Bulgaria, l'accordo finale degli Stati membri dell'UE sul divieto di immatricolare nuove auto e furgoni con motori a combustione a partire dal 2035 è in bilico. Ma questo significa veramente il capolinea dell’annunciata fine del motore a combustione?

Dopo che il Parlamento europeo e il Consiglio avevano già raggiunto un accordo preliminare sul regolamento relativo agli standard di emissione di CO2 per le autovetture e i furgoni nuovi durante i negoziati di trilogo del 27 ottobre 2022 (cfr. cepAktuell del 28 ottobre 2022), l'adozione finale da parte dei due organi legislativi dell'UE era considerata una mera formalità. Mentre il Parlamento europeo aveva già dato la sua approvazione finale a febbraio, la maggioranza qualificata richiesta dagli Stati membri dell'UE sta ora vacillando nella votazione del Consiglio, che era in realtà prevista per il 7 marzo. Il Ministro federale dei Trasporti Volker Wissing ha già chiesto alla Commissione europea proposte concrete per l'omologazione di veicoli con motori a combustione interna a partire dal 2035 che utilizzino esclusivamente carburanti elettronici prodotti in modo neutrale dal punto di vista delle emissioni di CO2. Nel farlo, fa riferimento al considerando 9a della bozza di regolamento e alla promessa del Vicepresidente della Commissione UE, Frans Timmermans, di esaminare le opzioni corrispondenti, senza tuttavia specificare una data concreta. Se la Germania dovesse continuare ad astenersi, il No o l’astensione di altri Stati membri come l'Italia, la Bulgaria e la Polonia potrebbe significare la fine temporanea di questo elemento centrale della legislazione climatica dell'UE "Fit for 55".

Il CEP aveva avvertito, fin dall'inizio, che il divieto generalizzato dei motori a combustione interna a partire dal 2035 rischia di tradursi in una scelta rischiosa di politica industriale priva di reali benefici per il clima (cepAnalisi 6/2022): Il divieto europeo sui motori a combustione interna non tiene infatti conto della situazione del mercato mondiale. Poiché nei Paesi emergenti e in via di sviluppo la domanda di veicoli con motori a combustione continuerà anche dopo il 2035, in futuro tali veicoli verranno costruiti sempre più spesso al di fuori dell'UE. Di conseguenza, si perderanno posti di lavoro nell'industria automobilistica europea, soprattutto nei reparti di sviluppo e nelle aziende fornitrici. Al contrario, la precedente proposta di compromesso dei ministri dell'Ambiente di Bulgaria, Italia, Portogallo, Romania e Slovacchia e della commissione Industria del Parlamento europeo, che prevedeva la riduzione del limite di CO2 per le flotte a solo il 90% nel 2035, avrebbe fornito comunque incentivi per ulteriori miglioramenti dell'efficienza dei motori a combustione. I produttori ed i fornitori di veicoli europei sarebbero stati in grado di offrire sul mercato mondiale tecnologie innovative ed efficienti sviluppate nell'UE in grado di funzionare con carburanti elettronici o biocarburanti. Il CEP ha ripetutamente sottolineato che, a questo proposito, la eccessivamente vaga prospettiva di una proposta della Commissione per un'autorizzazione post-2035 di veicoli funzionanti esclusivamente con carburanti neutri dal punto di vista delle emissioni di CO2, contenuta nel considerando 9a della proposta di regolamento in votazione, che non offre all'industria automobilistica europea alcuna sicurezza di pianificazione.

Il fatto che questi avvertimenti siano stati ignorati è tanto più deplorevole in quanto il processo legislativo dell'UE, ormai quasi concluso, avrebbe offerto molte opportunità per chiarire queste questioni centrali e trovare un compromesso accettabile per tutte le parti. Si spera che i danni alla politica europea siano limitati, purtroppo minacciati anche dall'incapacità, ancora una volta evidente in questo dossier UE, di concordare in tempo una posizione tedesca valida all'interno del governo tedesco. Questo indebolisce in modo permanente la fiducia dei Paesi partner europei nell'affidabilità del governo tedesco e quindi la posizione della Germania nell'Unione Europea nel suo complesso.

 

Dr. Götz Reichert, LL.M

Capo Dipartimento cep Energia | Ambiente | Clima | Trasporti