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PE spaccato sull’ETS, ma stop alle auto a combustione

Nella sessione plenaria dell'8 giugno 2022, il Parlamento Europeo non è riuscito a raggiungere un consenso sulla riforma del sistema di scambio di quote di emissione dell'UE (ETS) e ha rinviato alle commissioni competenti le proposte legislative sul Fondo sociale per il clima e sul meccanismo di aggiustamento delle frontiere per il carbonio (CBAM).

Da un lato, questo ritarda il processo legislativo sul pacchetto clima "Fit for 55", dall'altro, offre però anche l'opportunità di correggere eventuali valutazioni discutibili che, anche a giudizio del CEP, indeboliscono l’attuale progetto della Commissione. Invece, il divieto dei motori a combustione interna nelle nuove auto e nei furgoni a partire dal 2035, ora sostenuto anche dal Parlamento europeo, potrebbe ormai essere fermato solo dagli Stati membri in seno al Consiglio.

 

Controversia sullo scambio delle quote di emissione, sul fondo sociale per il clima e sul CBAM

Al termine della maratona di votazioni in plenaria su singole questioni della riforma del sistema di scambio di quote di emissioni dell'UE (EU ETS, si veda cepAnalisi 5/2022), i Verdi e i Socialdemocratici hanno voluto tirare la corda e si sono rifiutati di votare a favore. A loro avviso, la maggioranza degli eurodeputati avrebbe infatti oltrepassato una delle linee rosse che il PE si era dato, abbassando l'obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 per il 2030 rispetto al 2005 dal 67% al 63%, come proposto dalla Commissione Ambiente, anche se questa decisione a maggioranza già di per se andava oltre il 61% originariamente proposto dalla Commissione UE. Inoltre, la maggioranza dei conservatori e degli euroscettici ha seguito le proposte della Commissione Industria del PE di ripartire in due fasi la riduzione una tantum del tetto delle quote ETS e quindi delle emissioni massime di CO2 consentite ("tetto"). Infine, i conservatori e gli euroscettici avevano votato a favore dell'eliminazione graduale dell'assegnazione gratuita di quote del sistema ETS dell'UE ("quote gratuite") alle imprese ad alta intensità energetica che rischiano di delocalizzare la produzione e le emissioni in Paesi terzi a causa degli elevati costi di protezione del clima ("rilocalizzazione delle emissioni di carbonio") solo nel 2035 e non - come proposto dalla Commissione Ambiente - già nel 2030. Poiché anche una proposta di compromesso dei socialdemocratici per l'eliminazione graduale dei certificati gratuiti nel 2032 è fallita, i socialdemocratici, come i Verdi nel loro complesso, hanno giudicato l’insieme come un inaccettabile "annacquamento" del pacchetto clima "Fit for 55" da parte di decisioni prese sulla base di  occasionali maggioranze.

Per il momento, quindi, anche l'introduzione di un sistema nuovo di scambio di quote di emissione separato per il trasporto stradale e gli edifici (EU ETS 2) (si veda anche cepAnalisi 6/2022) proposto dalla Commissione europea risulta ugualmente bloccato da parte del Parlamento europeo. Poiché il Fondo sociale per il clima e il CBAM sono strettamente collegati alla riforma del sistema ETS dell'UE, anche questi due dossier sono stati rinviati alle commissioni parlamentari competenti. L'obiettivo è ora quello di creare un consenso tra i gruppi parlamentari pro-europei per tutti e tre i progetti legislativi. A causa dei ritardi, ora è possibile che il Consiglio adotti in anticipo le proprie posizioni su tali dossier, il che potrebbe però far perdere al Parlamento europeo molta della propria influenza sulla loro formulazione finale.

 

Sì al divieto di circolazione dei veicoli a combustione interna dal 2035

In un'altra votazione, il Parlamento europeo ha approvato invece a maggioranza un ulteriore inasprimento dei limiti di CO2 per le autovetture e i furgoni. Come proposto dalla Commissione europea, a partire dal 2035 solo veicoli privi di emissioni di CO2 potranno essere immatricolati nel mercato interno dell'UE. Le proposte alternative a questo divieto “de facto” sui motori a combustione interna, che richiedevano solo una riduzione del 90% delle emissioni di CO2 per tali veicoli, non ha ricevuto il sostegno della maggioranza. Ciò significa che a partire dal 2035 sarà eliminata anche la possibilità di immatricolare veicoli con carburanti di tipo alternativo meno inquinanti.

 

 

Valutazione del CEP

Il CEP esprime un giudizio piuttosto critico circa gli attuali sviluppi nel Parlamento europeo relativi al dossier “Fit for 55” , non solo per il ritardo che ne conseguirà nelle procedure legislative centrali della futura politica climatica dell'UE.

In particolare:

- L'effettiva riduzione complessiva delle emissioni di CO2 attraverso lo scambio di quote di emissione rimane fondamentale.

La Commissione aveva coordinato i singoli dossier del pacchetto clima "Fit for 55" in modo che fossero compatibili con l'obiettivo generale dell'UE di ridurre le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 rispetto al 1990. Un ulteriore aumento dell'obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 per i settori dell'ETS 1, anche oltre a quello proposto dalla Commissione europea inizialmente, non sarebbe quindi necessario se la linea del Parlamento europeo di ridurre il campo di applicazione dell'ETS 2 per il trasporto su strada e gli edifici agli utenti commerciali non indebolisse di fatto gli obiettivi di riduzione in tali settori. L'ipotesi di molti parlamentari europei, secondo cui una scadenza ritardata dei certificati gratuiti significherebbe anche un indebolimento degli sforzi di protezione del clima, è semplicemente sbagliata. Il limite massimo delle quote di emissione del CO2, programmato in costante diminuzione, consentirebbe infatti comunque di raggiungere efficacemente gli obiettivi di riduzione (vedi cepAnalisi 5/2022). È irrilevante da questo punto di vista che i certificati debbano essere messi all'asta o siano assegnati liberamente. L'effetto incentivante è lo stesso: chi ha costi di abbattimento inferiori al prezzo del certificato decarbonizza, gli altri preferiscono usare i certificati. Se c'è troppa richiesta di certificati, il prezzo della CO2 aumenta, in modo che a sua volta un maggior numero di aziende sia incentivato economicamente a ridurre le proprie emissioni di CO2. Per un'efficace protezione del clima, l'effettiva riduzione dei massimali del sistema ETS è decisiva. Pertanto, il Parlamento europeo non dovrebbe impantanarsi nella minuzia di dettagli, in definitiva irrilevanti, ma dovrebbe piuttosto approvare rapidamente una riforma del sistema ETS dell'UE che preveda anche l'introduzione del sistema ETS 2 per il trasporto stradale e gli edifici.

- La protezione del clima richiede la protezione dell'industria di esportazione dell'UE

La prevista eliminazione graduale delle quote gratuite di emissione, che finora hanno protetto l'economia europea dalla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, non farà altro che aumentare l'onere per le aziende ad alta intensità energetica dell'UE, che non possono trasferire questi costi ai loro clienti a causa della situazione competitiva internazionale. A questo proposito, il CBAM previsto non è un sostituto adeguato, poiché né la proposta della Commissione UE né i piani del Parlamento UE per gli esportatori prevedono uno sgravio dei costi conseguenti alla protezione del clima secondo gli standard UE . Pertanto, questa insistenza su una rapida abolizione dei certificati gratuiti è, da un lato, pericolosa per l'industria europea e per i propri posti di lavoro. Inoltre, se la produzione, con le relative emissioni di CO2, migra verso Paesi al di fuori dell'UE con requisiti di protezione del clima più bassi, ciò risulterà dannoso anche per il clima globale (si veda lo Studio CEP del luglio 2021).

Resta da sperare che nelle prossime rinegoziazioni in seno alla Commissione Ambiente del PE, i parlamentari europei si rendano conto che solo un'efficace protezione dalla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio può aumentare il livello di ambizione del sistema ETS dell'UE senza danneggiare l'economia e la protezione del clima.

- Apertura tecnologica invece di eliminare gradualmente il motore a combustione interna

L'abbandono graduale dei motori a combustione interna minaccia inoltre di portare a dei tagli netti nella politica industriale (vedi anche cepAnalisi 6/2022). Poiché nei Paesi di nuova industrializzazione e in quelli in via di sviluppo la domanda di veicoli con motore a combustione interna continuerà anche dopo il 2035, questi continueranno quindi a essere costruiti al di fuori dell'UE, ma l'industria automobilistica europea perderà posti di lavoro, soprattutto nei reparti di sviluppo e nelle aziende fornitrici.

 

Dott. Martin Menner

Esperto CEP di politica climatica e dei trasporti dell'UE