Materie prime critiche (cepAnalisi del COM(2023)160)

Cobalto, litio, terre rare: Quando si tratta di materie prime critiche, l'Unione europea vorrebbe ridurre la sua dipendenza da alcuni Paesi fornitori, come la Cina. Il Centres for European Policy Network (CEP), in una propria analisi, elogia la Commissione per essersi data l’obiettivo di migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti. Tuttavia, l'attuale proposta risulta ancora troppo burocratica e poco adeguata nei rispetti delle imprese.

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"Con le regole di informazione proposte, la Commissione sta anche superando il limite in termini di gestione del rischio", afferma André Wolf. L'esperto di nuove tecnologie del CEP che ha analizzato la proposta di regolamento insieme al giurista, Götz Reichert. "Al posto dei controlli, sarebbe opportuno introdurre piuttosto incentivi di tipo più positivo per le aziende. Sulla strada per una strategia delle materie prime a prova di futuro, l'UE rischia di impelagarsi nella microgestione", avverte Wolf.

Reichert sottolinea poi il fatto che l'autorizzazione data alla Commissione di classificare in futuro le materie prime come "strategiche" e "critiche", viola il diritto dell'UE. "Questo perché da tale scelta derivano diritti e obblighi di ampia portata per la Commissione, gli Stati membri e le aziende. Di conseguenza, si tratta di una questione "essenziale" che il Consiglio e il Parlamento devono decidere nell’ambito del processo legislativo  e non possono delegare alla Commissione".

Gli esperti del CEP accolgono con favore il fatto che la Commissione stia guardando al di là dell'estrazione e della raffinazione delle materie prime presenti nel territorio UE, aprendo ai partenariati strategici e al riciclaggio delle materie prime. Alla luce delle restrizioni finanziarie ed amministrative, la proposta di dare priorità ai "progetti strategici" appare un mezzo adeguato per concentrarsi sulle materie prime particolarmente essenziali per le tecnologie future. Il principio della diversificazione dei canali di approvvigionamento funge da ragionevole punto di riferimento. La rendicontazione obbligatoria dei rischi per le "grandi imprese industriali", invece, rappresenterebbe un'interferenza inappropriata nella gestione dei rischi delle imprese private.